8 aprile 2010. Il mondo è un po’ più sicuro dopo la firma di Praga. Le due superpotenze del Ventesimo secolo hanno voltato definitivamente pagina, indicando la via del disarmo nucleare globale. Mosca e Washington incamerano un bagaglio di credibilità incommensurabile da spendere nei prossimi negoziati sulla non proliferazione e lanciano indirettamente un monito a chi spera di farla franca, leggi Iran e Corea del Nord.
Ma non è tutto oro quel che luccica. A Praga i sorridenti Medvedev ed Obama hanno dato un’interpretazione dello Start 2 opposta. I russi continuano a vedere attacco e difesa uniti legalmente ed in maniera vincolante, gli americani assolutamente no.
La questione, su cui ora le due Amministrazioni evitano di sottilizzare troppo per incassare subito gli enormi vantaggi momentanei, non è da poco. In giro per il mondo si stanno sviluppando mini-scudi regionali per proteggersi da lanci isolati di missili a corto e a medio raggio. Gli ipotetici Paesi “pericolosi” (ex canaglia) hanno per ora questi vettori a disposizione; per quelli intercontinentali di concezione e tecnologia molto più complesse ci vorranno ancora degli anni (ecco perché Obama ha rinunciato ai progetti di Bush!).
I tagli agli arsenali sono stati la parte del negoziato più semplice da concordare. Russi ed americani traggono in ugual misura vantaggi tecnologici ed economici rilevanti da questa decisione. Vengono mandate in pensione armi ormai vecchie e superate, la cui manutenzione incide troppo sui costi. Si registreranno risparmi finanziari sia sulle testate che sui vettori da utilizzare per la ricerca e lo sviluppo.
Non tutti gli esperti militari, però, concordano sulla bontà dei numeri dell’accordo ed affermano che la riduzione degli armamenti è, invero, minima. Hans Kristensen, direttore del Nuclear Information Project, parla addirittura di cifre “truccate” se si calcola come una sola “testata nucleare” ogni singolo bombardiere dislocato, mentre, invece, a bordo di bombardieri nucleari come i B-52 possono essere caricati da 6 a 20 ordigni atomici.
Per restare ai numeri: la Russia – come riporta il Bulletin of the Atomic Scientist – dispone attualmente di 4.850 testate “operative” (cioè efficienti, utilizzabili) mentre gli Stati Uniti di 5.200. Il nuovo trattato sottoscritto non taglia le testate nucleari “operative”, bensì quelle “dispiegate” (cioè montate sui vettori e pronte al lancio) e con gittata superiore ai 5.500 chilometri. È in questo modo che si arriva al “risultato” dello Start-2 di 1.550 testate e 800 vettori per parte.
In questo computo non si tiene conto, tuttavia, del numero reale complessivo degli ordigni atomici stipati negli arsenali dei due Paesi e della quantità di testate caricate sui bombardieri nucleari. Per essere precisi bisognerebbe ancora aggiungere che dal calcolo sono escluse le altre 12.350 testate (non operative, ma non ancora smantellate) tuttora possedute complessivamente dalle due superpotenze del Ventesimo secolo. Tirate le somme, il 95% delle circa 23mila armi nucleari esistenti sul pianeta Terra restano nelle mani delle due maggiori potenze atomiche
Russia e Stati Uniti incassano a Praga una vittoria politica e rilanciano la loro leadership a livello globale. Dire a loro di “no” su certi capitoli scottanti sarà in futuro più difficile.
Vedi anche: Un calcio alla Guerra Fredda, EuropaRussia
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